mercoledì 26 dicembre 2018

Li proverbi ...

Dicianu l'antichi chi li proverbi un sbaglianu mai ...
la vita è fatta di proverbi,
ce cu sali e ce cu scinni e c'e' cu un cumina nenti,
cu è picciotto è riccu,
Cu campa paga e cu mori è cunnutu,
Cu campa vecchiu si fa’.
Bon tempu e malu tempu, nun dura tuttu tempu
e Cu bonu simina, chiu assai  arricogghi.
Cu lassa a via vecchia pi chidda nova peggiu s'attrova,
ma Cu n'arrisica na' arrussica.
Cu mancia fa muddichi e Cu non fa nenti non sbagghia nenti.
Cu spatti avi a megghiu parti,
ma Fa' beni e scordatillu, fà mali e pensaci.
La matinata fa la jurnata
e cu Simina ventu e ricoghi timpesta,
 a suffirenza 'nsigna a chianciri
e U rispettu è misuratu, cu lu porta l’havi purtato.


domenica 9 dicembre 2018

Lu Natali Vecchiu e Lu Natali Novu


A li quattru di matina,
chi lu scuru si fiddava,
ni la chiesa china china
la nuvena si cantava.
Cu nuveni e cu cantati
n’accustavamu a Natali,
ma li tempi su canciati;
tanti cosi vannu mali.

Li pirsepi già cunsati
cu pupiddi ed ancileddi,
e la banna strati strati
ch’ia sunannu ninnareddi.

Nta li casi nchiffarati
la famigghia in armunia,
mustazzoli e sarviati
pir Natali nni facia.

Si scacciava minnuliddi
pi li durci e pi lu chinu,
e guardannu a picciliddi
si pinsava a lu Bamminu.

Era prontu lu pastuni
cu li ficu macinati,
e li tigghi nta ‘na gnuni
di saimi tutti untati.

E facennu cucciddata
tutti attornu a scannaturi,
nni passava la jurnata
fra la gioja e lu caluri.

Ora cu li tempi canciati
Lu Natali vecchiu chianci
e lu Natali Novu ridi,
Pi la gioia di la nova civiltà.

C'è cu curri a spisi pazzi
p'accattari scisciareddi;
quasi tutti fannu sfrazzi:
genti ricchi e puvireddi.

C'è la cursa a panittuna
cu la passula siccata
chi produci 'na furtuna
a cu à fattu la 'mpastata.

Cu buttigghi di sciampagna
e ballitti triviali,
trasfurmaru a 'na cuccagna
la gran festa di Natali.

A stu puntu mi dumannu
siddu chista è civiltà
chi si movi tuttu l'annu
tra misfatti e nfamità.
 
 

giovedì 6 dicembre 2018

Prendi un sorriso

Prendi un sorriso,
Regalalo a chi non l’ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
Fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fai bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
Posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
Mettilo nell’animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
Raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza
E vivi nella sua luce.
Prendi la bontà
E donala a chi non sa donare.
Scopri l’amore
e fallo conoscere al mondo.
(Mahatma Gandhi)



mercoledì 5 dicembre 2018

Cammino


Cammino nel tuo sguardo rifiorendo nel profumo,
seguendo la tua stella fino all'ultimo respiro,
la luna fiera brilla ed illumina il tuo viso:
sarà per sempre alba se canterai al tuo cuore.

Parole silenziose urlano contro il cielo
accecanti eclissi di coscienza che stuprano il mio sole.



venerdì 30 novembre 2018

Il Rispetto

“Sii pacifico, sii cortese, obbedisci alla legge, rispetta tutti; ma se qualcuno ti mette le mani addosso, mandalo al cimitero.” 

Malclom x 


giovedì 29 novembre 2018

Andrà tutto bene.

Andrà tutto bene, è quello che mi ripeto ogni giorno, voglio solo sperare in un abbraccio forte che mi scaldi l'anima e mi dica ce la farai,
Andrà tutto bene.

martedì 27 novembre 2018

il Merlo

Un vecchio merlo trovò una mollica di pane e volò via portandosela appresso. Visto ciò, gli uccelli più giovani accorsero per attaccarlo. Di fronte al combattimento imminente, il merlo abbandonò la briciola di pane nella bocca di un serpente, pensando fra sé e sé: "Quando si è vecchi, si vede la vita in un'altra maniera: ho perso il mio cibo, è vero, ma posso trovare dell'altra mollica di pane domani. "Invece, se avessi insistito nel portarmela via, avrei scatenato una guerra nel cielo. Il vincitore sarebbe stato invidiato, gli altri si sarebbero armati per combatterlo, l'odio avrebbe colmato il cuore degli uccelli e questa situazione sarebbe potuta durare per molto tempo. "La saggezza della vecchiaia è questa: saper scambiare vittorie immediate con conquiste durature."

lunedì 26 novembre 2018

L'amore è morto.

Nulla va mai come deve andare,
Non va più nulla nella mia vita,
Nessuno si preoccupa davvero se nessuno condivide mai il mio amore,
La gente sta da parte con la paura di vedere nei loro occhi la mia vita.
L'amore è morto.
Il telefono squilla, ma nessuno pensa mai di parlare con me,
Il traffico aumenta, ma nessuno si è mai fermato qui ancora.
Gli amici non importa, alla fine, non mi credono.
L'amore è morto.
La gente ormai rifatta porta sulla faccia sorrisi stampati e immaginari,
Lo scambio di segreti nella parte più recondita della loro mente nasconde l'uomo di plastica.
Nulla va mai come deve andare,
Non va più nulla nella mia vita,
Nessuno in realtà se ne frega di cosa scorre dentro la mia testa.
La gente sta da parte con la paura di vedere nei loro occhi la mia vita.
L'amore è morto.
Tutte le bugie  che mi hai detto
Tutto ciò che volevi
Adesso scorre veloce come il vento.
L'amore è morto.
Adesso l'amore è morto. 


mercoledì 21 novembre 2018

Il denaro non è il nostro Dio

30 denari fu il compenso che gli fu dato per comprare la sua vita,
30 denari fu la conquista di chi voleva il successo,
eresia umana adesso giudicato e giustiziato fu,
in croce per scontare le nostre colpe,
quando i 30 denari non bastarono per raggiungere il successo
raggiunse il ramo piu alto con la corda fece un nodo scorsoio e si impicco,
il rimorso adesso faceva parte di lui,
il Dio denaro non mi appartiene,
ripetiamolo tutti assieme per un mondo migliore,
il Dio denaro non mi appartiene.
io posseggo la luce del sole che mi scalda,
il verde dei campi dove volo verso l'orizonte infinito,
il blu del mare che lontano si perde alla nostra vista,
il vento che scombina i capelli,
posseggo gli occhi per vedere l'immensità di queste cose stupende,
posseggo la bocca per poter dire che il capo il padrone non potrà mai comprare la mia libertà,
il Dio denaro non mi appartiene,
ripetiamolo assieme il Dio denaro non mi appartiane,
io sono libero per questo vivo,
voglio e sogno un mondo migliore,
non mi appartiene, non appartengo,
il Dio denaro non mi compra,
il denaro non è il nostro Dio.


martedì 20 novembre 2018

Adesso sei un angelo

I combattenti di questo pianeta saranno tutti angeli ???
Questa è una domanda che mi faccio sempre...
Ci sono diversi tipi di combattenti ... quelli che combattono per avere in cambio il vile denaro,
e quelli che combattono per la vita , quelli che pur di rimanere su questa terra farebbero di tutto,
scalare le cime più alte, nuotare e sorpassare tutti gli oceani, ma la vita è una e ogni combattente ha il suo destino, ogni uno combatte contro qualcosa che cerca di ucciderlo, a volte le abitudini, gli schemi, ma altre volte non esistono schemi ne abitudini, bisogna combattere il male del secolo, quel male che pensi non venga mai a te, quello che prima dici non può essere, poi dici vabbe lo sconfiggerò, poi vedi i capelli cadere e la pelle giallastra le braccia bucate come fossero quelle di un tossico, e non ostante quello continui a sperare, ti aggrappi a tutti speri che le cure possano portati giovamenti .... e invece arriva quel punto dove sembra sia tutto sotto controllo e il mostro si scatena esplodendo allora sei li a contare i giorni, le ore, i minuti, i secondi, chiudi gli occhi e sei un angelo, si sei un angelo pronto per un viaggio nuovo, pronto a difendere chi ti e stato accanto, voglio credere che succeda questo perchè la vità non può finire così ... non deve finire cosi.


martedì 19 giugno 2018

Diamante

L'essere umano è l'antitesi del diamante: troppe le impurità contenute per riuscire ad eguagliarlo in purezza.

martedì 12 giugno 2018

Ti Aspetto



Guardo dentro i tuo occhi
Infinito come l’universo
Ti aspetto…
Come l’alba che colora il cielo
cade nel tramonto
di giorni troppo uguali.
Cercarti, come l’utopia di un sentimento
Attimi, a raccogliere i pensieri
Fragili segni di lucidità
Si infrangono dentro.
Echi lontani.
Cerco un rifugio,
i ricordi di lunghe giornate,
passate nel rimpianto di ciò che ero.
Ora forse, sento ciò che sono.

mercoledì 6 giugno 2018

mercoledì 30 maggio 2018

Per l’anima non vi è nascita né morte.

Per l’anima non vi è nascita né morte. La sua esistenza non ha avuto inizio nel passato, non ha inizio nel presente e non avrà inizio nel futuro. Essa è non nata, eterna, sempre esistente e primordiale. Non muore quando il corpo muore. L’anima è immensamente grandiosa e indecifrabile.
Mai un’arma può tagliare a pezzi un’anima né il fuoco può bruciarla. L’acqua non può bagnarla né il vento inaridirla.
(Bhagavad-gita)

venerdì 25 maggio 2018

L'Amicizia

Nessuna distanza temporale né spaziale può indebolire l'amicizia di due persone che credono ognuna nel valore dell'altra.

sabato 12 maggio 2018

Sforzi ...

C'è chi sposta un sasso e ne parla come se avesse spostato una montangna. Poi c'è chi sposta una montagna in silenzio...

giovedì 10 maggio 2018

La statua di San Bartolomeo scorticato del Duomo di Milano.

La statua di san Bartolomeo nel Duomo di Milano: storia di un capolavoro
L’opera di Marco d’Agrate richiamò da subito l’interesse di fedeli e visitatori. Ancora oggi, essa è fonte di stupore per milioni di turisti che entrano in Cattedrale

Tra le sculture più visitate del Duomo di Milano ve n’è una che desta sempre grande interesse e curiosità da parte dei milioni di visitatori che ogni anno percorrono le navate del Monumento. È la statua di “San Bartolomeo scorticato”, eseguita dallo scultore Marco d’Agrate nel 1562 per la Veneranda Fabbrica del Duomo, che si colloca attualmente fra l’altare della Presentazione e quello di sant’Agnese, poggiata su di un alto piedistallo, nel braccio destro del transetto della Cattedrale.

San Bartolomeo è uno dei dodici apostoli di Gesù, giustiziato per la sua fede cristiana, qui raffigurato secondo l’iconografia che lo identifica a seguito del supplizio subìto.

Il santo infatti, scorticato vivo, porta sulle spalle e intorno al corpo quello che sembra un drappo mentre in realtà è la sua pelle, chiaro riferimento alla tortura inflitta dai suoi carnefici. Fino al XIII-XIV secolo l’apostolo veniva rappresentato vestito con libro e coltello nelle mani, in allusione al Vangelo proclamato e al martirio patito. Fu dal Rinascimento in poi che si accentuò la raffigurazione del supplizio, mentre l’iconografia del santo con la propria pelle staccata dalla carne viene definitivamente consacrata dopo che Michelangelo (sec. XVI) così lo rappresentò nel Giudizio Universale della Cappella Sistina in Vaticano.

L’opera di Marco d’Agrate, non affronta l’introspezione psicologica, né la testimonianza di profonda fede espressa dal martirio di Bartolomeo, ma si inserisce in un filone d’interesse cinquecentesco: lo studio dell’anatomia umana e la rappresentazione. La prima opera scientifica di anatomia di Andrea Vesalio, redatta attraverso lo studio autoptico del corpo umano e la pratica della dissezione dei cadaveri, fu pubblicata a Venezia nel 1453.

La statua si rivela infatti come un’esercitazione, un’attenta descrizione ed un virtuoso saggio accademico della muscolatura e della struttura del corpo umano.

Ai piedi della statua, una breve incisione riporta: “Non me Praxiteles, sed Marcus finxit Agrates”, in riferimento al “timore” dello scultore che presumeva l’opera potesse essere attribuita per stile e maestria non a lui stesso, ma a Prassitele, uno dei più abili e famosi scultori ateniesi della Grecia Antica.

Un’altra versione di san Bartolomeo, sempre opera di Marco d’Agrate, datata 1556, si trova sulla facciata della Certosa di Pavia, dove lo scultore lavorò a lungo realizzando molte statue.

“San Bartolomeo Scorticato”, un tempo all’esterno del Duomo, richiamò da subito l’interesse di fedeli e visitatori, cosa che, insieme con al delicatezza della finitura superficiale, suggerì la necessità del trasporto dell’opera all’interno, nel retrocoro della Cattedrale, poi nel suo odierno posizionamento a seguito di un’ordinazione capitolare del 1664 che disponeva “un luogo più acconcio all’ammirazione per gli intelligenti dell’arte”.

A distanza di quasi cinque secoli dalla sua realizzazione, la statua di San Bartolomeo di Marco d’Agrate non finisce di meravigliare e di stupire i visitatori provenienti da tutti i continenti.


Riflessione del giorno

Buon giorno a tutti ... riflessione del giorno ... prima o poi perderai la tua testa per qualcuno ... oppure qualcuno a tua insaputa chiederà la tua decapitazione ... cosi arrivera il tanto atteso giorno del giudizio ... un giudice di parte dirà quanto già tu sai, in attesa la corte parlerà .. sparlerà alle tue spalle ... quello sarà il giorno della perdita della tua esistenza.
Il cuore continuerà a camminare ancora per poco lo stesso, le articolazioni continueranno a muoversi involontariamente fino alla contrazione dei muscoli ... depositeranno la tua testa su un piatto per farla guardare al pubblico pagante ... il tuo sangue si mischierà alla fredda terra sperando nasca un altro eroe che non abbia paura di dire la sua in ogni dove... anche davanti il mondo intero... anche nel momento del giudizio.

mercoledì 9 maggio 2018

Giro d'italia 5 tappa passa sotto casa mia

9 maggio 2018

Battaglin ha vinto la quinta Tappa del Giro d'Italia, Dennis ancora in Rosa

Il corridore italiano Enrico Battaglin (Team Lotto NL – Jumbo) ha vinto la quinta tappa del centunesimo Giro d’Italia, Agrigento-Santa Ninfa (Valle del Belice) di 153 km. Al secondo e terzo posto si sono classificati rispettivamente Giovanni Visconti (Bahrain – Merida) e José Gonçalves (Team Katusha Alpecin).

Rohan Dennis (BMC Racing Team) è ancora la Maglia Rosa di leader della classifica generale.

RISULTATO FINALE
1 – Enrico Battaglin (Team Lotto NL – Jumbo) – 153 km in 4h06’33”, media 37,233 km/h
2 – Giovanni Visconti (Bahrain – Merida) s.t.
3 – José Gonçalves (Team Katusha Alpecin) s.t.

CLASSIFICA GENERALE
1 – Rohan Dennis (BMC Racing Team)
2 – Tom Dumoulin (Team Sunweb) a 1″
3 – Simon Yates (Mitchelton – Scott) a 17″

Il vincitore di tappa Battaglin, subito dopo l’arrivo, ha dichiarato: “Il finale di oggi era diverso da quello di ieri. Ci voleva molta più potenza ieri ed io ero più a mio agio qui. Il Giro ogni anno è molto importante per me. Sono estremamente felice di aver vinto ancora una tappa. Voglio continuare la corsa in questo modo”.

La Maglia Rosa Dennis ha dichiarato: “Oggi è stata una bella giornata in sella, con un ritmo piuttosto lento a causa del vento contrario. Ho sentito un po’ di stress nel finale ma sono felice di essere in Maglia Rosa. È solo la quinta tappa, ne mancano ben sedici. Domani sarà un’altra storia con l’Etna. Non vedo l’ora di vedere come andrò”.

MAGLIE

Maglia Rosa, leader della classifica generale, sponsorizzata da Enel – Rohan Dennis (BMC Racing Team)
Maglia Ciclamino, leader della classifica a punti, sponsorizzata da Segafredo – Elia Viviani (Quick-Step Floors)
Maglia Azzurra, leader del Gran Premio della Montagna, sponsorizzata da Banca Mediolanum – Enrico Barbin (Bardiani CSF)
Maglia Bianca, leader della Classifica dei Giovani, sponsorizzata da Eurospin – Maximilian Schachmann (Quick-Step Floors)

giovedì 26 aprile 2018

Pensiero di un ascoltatrice.

Una fan che mi ascolta e che mi segue su studio zero e nel mio canale di MixCloud mi ha regalato un suo pensiero suscitandomi un emozione e lo voglio spartire con tutti i presenti. 


Ogni giorno dovremmo ascoltare almeno una canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro e, se possibile, dire qualche parola ragionevole dando una speranza... ma certe musiche come la tua sono come quei jeans mezzi strappati ma perfetti, dove ormai le hai consumate ma continuano a farti da seconda pelle e quando poi la si riascolta la canzone ed il ritmo incalzante dei bassi e ti piace premi il tasto + nonostante il volume sia già al massimo.

M.G.

 

venerdì 20 aprile 2018

E' morto in Oman a 28 anni Avicii

Il produttore e dj svedese Avicii, 28 anni, è stato trovato morto a Muscat, in Oman. Lo riferisce Variety e altri media, citando la portavoce dell'artista, Diana Baron.
    Avicii, all'anagrafe Tim Bergling, è stato un pioniere della Edm (Electronic Dance Movement). Ha vinto due MTV Music Awards, un Billboard Music Award e conquistato due nomination ai Grammy.
    Il suo successo più grande è stato "Le7els".
    La sua morte arriva a pochi giorni dalla sua nomination ai Billboard Music Award per il suo EP "Avicii (01).

lunedì 16 aprile 2018

Giudicare senza sapere è un errore.


Sapete cos’è un “hater“? Riporto da Wikipedia: Hater è un termine usato in Internet per indicare gli utenti che generalmente disprezzano, diffamano o criticano distruttivamente una persona, un lavoro o un concetto in particolare. L’odio dell’hater è generato da dei sentimenti simili alla gelosia e all’invidia; tuttavia gli hater, a differenza dei gelosi, non desiderano diventare come le persone che prendono in giro o attaccano, ma al contrario desiderano esclusivamente insultarle e denigrarle. Un hater giustifica il suo disprezzo e pone il suo pensiero come unica, vera realtà; i pensieri o idee delle persone a lui non affini sono completamente errate e semplicemente delle menzogne. Un hater tende a seguire costantemente le attività del personaggio pubblico che odia. Un hater è uno che ODIA. Semplicemente. Un “odiante”. In quanto odiante è una persona che non pensa di voler essere come la persona che odia ma pensa, anzi, di essere profondamente superiore e per questo la ODIA. Quindi dobbiamo curarci degli altri ma dipende da chi sono e dalle loro VERE intenzioni. Alla fine sta a voi decidere se odiare o amare come sta a voi decidere chi ascoltare e quando. Una volta imparato a discriminare… Beh allora la nostra vita sarà molto più amorevole e colma di puro amore.

venerdì 13 aprile 2018

A questa normalità preferisco la follia

Qui inizia la mia melodia dove ballo un tango con la morte, 
mentre la gente osserva l'allegria impressa nei loro occhi fumando tutta la notte senza dare un peso alla vita terrestre... 
Osservo una città deserta con dei cornicioni, 
dei tetti in bilico e con dei lampioni che illuminano le strade,
e su di un tetto intravedo un pazzo che salta da un tetto all altro,
avvertendo attimi di follia con attimi di prudenza 
e con della gente in strada che protestano bussando ai portoni ma nessuno risponde... 
La gente che lo guarda lo chiama Pazzo dicendo: 
- Hey tu... 
Si... 
Hey tu... 
Dico a te... 
pensi di vivere in questo modo? 
pensi di guadagnare la tua notorietà? 
Aspetta... 
fermati... 
non saltare più sui tetti... 
perchè oggi tu sei il Pazzo che sei fuori dagli schemi... 
ma domani che è un altro giorno riprendi la tua mente e la tua vita... 
e non ballare tu sui tetti ma fai ballare noi che osserviamo te... 
dando un senso di follia a noi gente comune.

M&M
 

giovedì 12 aprile 2018

Boomdabash - Barracuda ft. Jake La Furia, Fabri Fibra


Produzione Borotalco.tv Regia e Fotografia: Enea Colombi Executive Producer: Matteo Stefani Producer: Matilde Composta Production Coordinator: Enrico Cestaro Assistente alla Camera: Giuseppe Torsello Costumi: Tiny Idols Make up: Cristina Masoni Scenografia: Samuele Pagani Casting Director: Marina Boetti per SQ Kids Cast: Gaia Cagna, Tommaso De Tuddo, Antonio Marano, Valerio Viti, Mia Pinat, Christine Alexa Perez, Abduulraxmaan Cisse, Jacopo Canses Assistente di produzione: Jacopo Colamartino, Davide Orlando Benza Grazie a Flavio Arrigoni (Piscina Paullo), Alberto Savini, Andrea Vetralla, Tommaso Spagnoli Segui Boomdabash su: Facebook https://www.facebook.com/boomdabashso... Twitter https://twitter.com/BOOMDABASH Instagram https://www.instagram.com/boomdabash_... Music video by Boomdabash performing Barracuda. © 2018 B1, under exclusive license to Universal Music Italia srl

Testo Barracuda Boomdabash

Nuoto in un mare nero come la pece noi siamo
gli ultimi della nostra specie e tu invece
c’hai l’occhio spento
Migrekans
ti si vedo ma non sei reale
Avatar
ho i denti dorati affilati come un barracuda
quando mastico uccido
conto contanti e carati fra e lei balla nuda
come in Maracaibo
sangue e carne cruda
non c’è pace nel posto in cui vivo
la strada non è un buon motivo per essere Giuda
appeso a un ramo d’ulivo
è il triangolo delle Bermuda
da quando ero quattordicenne
se scrivessi una vita vissuta
finirei un milione di penne
megalodonte in un mare di squali
noi tali e quali Jake e Boomdabash
rappo talmente blindato che foro i quintali come un kalash
dimmi sangue caldo che mai ti fermi e ti fermerai
il mare calmo non ha mai fatto esperti sti marinai
scrivo per riempirmi l’ego
con la mano di dio come Diego
non importa che tu non ti spezzi
mi va bebe pure se ti piego, zio
nuoto veloce come un barracuda
in questo mare di squali paura nessuna
a pancia piena con la bocca chiusa
tu pesce piccolo io barracuda
barracuda, barracuda
tu pesce piccolo io barracuda
dicono aiutati che dio ti aiuta
tu pesce piccolo io barracuda
Mo te fazzu la scola
Mo te mandu alla scola
Mentre sta cunti la storia
Paya, tutta n’autrha storia
E mentre te faci lu spiertu
Invece a mie l’autrhi me fannu la ola
Te spiegu a du stai
Salento state of minde
Statte cittu nu picca
Quistu parla e poi dopu me clicca
Ogni cosa face pe ripicca
Nu li piace però poi retwitta
Pesci piccoli senza la lisca
Pesci piccoli quai intrha la frisca
Troppi stannu quai sulla lista
Osce ordinu frittura mista
Giru tranquillu (shalala)
E tu te stizzi (rharharha)
Percene te lassu senza nienti
Osce pe tie ce lu ramadan
Nu te sta bisciu appostu
Comu stai comparema (whawhawha)
Jake, Fibra e Boomdabash
Barracuda (dandandan)
nuoto veloce come un barracuda
in questo mare di squali paura nessuna
a pancia piena con la bocca chiusa
tu pesce piccolo io barracuda
i soldi rendono felici eh si eh
pago cene e pranzi agli amici eh oh
vado a dormire quando voglio buongiorno
non mi interessa che ore sono che ore sono?
conta solo quanto si vende
manco fosse un negozio di Gucci
poi so bene come ci si sente
quando spengono le luci
e dagli occhi ti escono fulmini
perchè contano solo i numeri
e noi che siamo stati gli ultimi
ora è bello non dover lavorare il lunedì
ero da solo senza una lira
tu non immagini i sacrifici
sono tornato più forte di prima
quindi pregate per i miei nemici
nuoto veloce come un barracuda
in questo mare di squali paura nessuna
a pancia piena con la bocca chiusa
tu pesce piccolo io barracuda, barracuda
tu pesce piccolo io barracuda, barracuda
dicono aiutati che dio ti aiuta
tu pesce piccolo io barracuda

domenica 8 aprile 2018

Levante al concerto 1 maggio a Taranto Anche Brunori Sas e Coma_Cose


Levante, Brunori Sas e Coma_Cose saliranno sul palco del concertone del primo maggio a Taranto organizzato dal Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, il gruppo di operai,lavoratori, disoccupati, precari, studenti,professionisti e cittadini formatosi nel 2012 a seguito del sequestro degli impianti inquinanti dell'Ilva. I primi tre nomi sono stati svelati nel corso di una videointervista a ilfattoquotidiano.it, media partner dell'evento, da Michele Riondino, direttore artistico assieme a Diodato e Roy Paci. "Il nostro grido d'allarme -ha detto Riondino -ormai da 5 anni è per il diritto alla salute. Si parla di Ilva solo dal punto di vista lavorativo è invece un problema di mancanza di diritti. E noi l'1 maggio a Taranto lotteremo, grideremo, canteremo, balleremo per riaffermare i nostri diritti. Chiediamo di prendere in considerazione l'idea che quell'azienda debba chiudere: informeremo la città di un possibile accordo di programma".
    Parteciperanno tanti artisti e a titolo gratuito.

martedì 3 aprile 2018

Mi piacerebbe ricevere una lettera ...


Avete presente quella sensazione di gioia incontrollabile che si avverte quando si rivede un amico dopo molto tempo e lo si abbraccia con tutta la forza che si ha in corpo, come per non farlo andare via mai più? O quello stupore inaspettato che provoca un nodo alla gola quando una persona a cui si vuole bene ci consegna timidamente un dono senza che vi siano particolari ricorrenze? O ancora la frenesia esaltante di quando è Natale e vorremmo aprire i nostri regali, impacchettati con cura sotto l’albero? Tutte queste sensazioni si amalgamano tra loro ogni volta che ricevo una lettera. Ormai non si usa più scrivere messaggi sulla carta, impacchettando con attenzione il foglio nella busta e spedendola. Ora tutto è più facile, più veloce: basta scrivere frettolosamente qualche riga e inviare il messaggio con il cellulare o tramite email, intrattenendo una conversazione che non ha costi e assicura una risposta immediata.
Tutto è più frenetico, più tempestivo: eppure non emoziona, non dà soddisfazioni. Non ti fa sorridere all’idea che il mittente ti ha pensato e si è premurato di imprimere sulla carta i suoi sentimenti e le sue opinioni, pregustando il momento in cui tu avresti ricevuto la lettera ed immaginando il rossore che avrebbe imporporato le tue guance. E poi la grafia: il modo unico e speciale di una mano amica che incide con movimenti abitudinari una serie di lettere, che fuse insieme diventano parole, che formano frasi, che creano un’emozione. Per scrivere una lettera ci vuole tempo, è necessario riflettere su ogni parola che si vuole scrivere, ideando il modo migliore per trasmettere pienamente la propria essenza. E’ un lavoro ragionato, lento, pensato.
Una lettera che si rispetti comincia sempre con la stessa introduzione: “Caro…” Questa presentazione mi ha sempre dato da pensare. Ho sempre trovato estremamente tenera l’idea di iniziare a scrivere un messaggio sottolineando l’affetto per il destinatario, eppure il fatto di generalizzare il saluto attraverso una parola che è stata ripetuta migliaia di volte e che è uguale per tutti mi trasmette un senso di tristezza. Quanto può essere “cara” una persona, se per sottolineare la sua importanza si utilizza uno strumento classico, di routine, che ogni persona al mondo usa quando deve scrivere una lettera?
Negli anni ho provato a scrivere più introduzioni, da un informale “hey” ad un più educato “buondì”. Li ho provati tutti, a volte inventando saluti alquanto fantasiosi e buffi. Alla fine, però, ho compreso il motivo per cui viene utilizzato l’aggettivo caro: seppur sfruttato da tutti, trasmette un senso di sicurezza e dolcezza che nessun altro aggettivo potrà mai eguagliare. Forse il motivo per cui è diventato di uso classico è proprio perché trasmetteva quel sentimento, quella tenerezza che ti fa sorridere ed arrossire. Inoltre, vorrei sottolineare il fatto che vi è una sorta di contatto fisico indiretto tra il mittente e il destinatario della lettera: entrambi hanno stretto tra le mani lo stesso foglio di carta e assaporato le parole scritte su di esso, sfiorandole piano con i polpastrelli delle dita e con la parte più intima del proprio animo. Trovo che ricevere una lettera sia estremamente romantico, anche se il contenuto non è denso di smielate dichiarazioni d’amore o di promesse eterne. E’ romantica anche la lettera di un amico, o di un genitore, o di un fratello. Il romanticismo non è dimostrazione di amore, bensì un atteggiamento spirituale, sentimentale o artistico. La lettera di un amante è romantica quanto potrebbe essere quella di una nonna che si premura di raccontare la sua vita ad un nipote. E’ per questo motivo che preferirò sempre l’emozione di ricevere una lettera, al mandare un semplice sms: per tutto ciò che si nasconde dietro il testo, dietro la scelta delle parole, dietro la grafia curata o frettolosa.
Finora ho parlato solo di quanto sia emozionante ricevere una lettera. Esiste però un altro punto di vista, un altro procedimento, persino più emozionante e romantico: scrivere una lettera. Se ne avete già scritta una, sicuramente potete capire ciò che intendo, senza che io dica altre parole. Se invece non ne avete mai scritta una, o magari ne avete imbucata una da bambini e non ricordate più il sapore di quel momento, cercherò di farvi capire al meglio ciò che vi perdete accontentandovi di email e messaggi. Scrivere una lettera è un procedimento che comincia con la scelta della carta. Può sembrare un passaggio scontato o poco importante, ma è una prima presentazione di sé stessi, la prima scelta che si compie quando si pensa a chi è destinata la lettera. Esistono moltissimi tipi di carta: c’è quella classica, quella colorata, quella riciclata, quella decorata. Il secondo passaggio è la scelta della penna da utilizzare (stilografica ad inchiostro blu, nero o rosso?) Sembrerà banale ma l’inchiostro dice molto di una persona. Per fare un esempio: dovete scrivere una breve presentazione a mano da allegare al vostro curriculum, il quale verrà valutato ed analizzato fin nei minimi dettagli. Tra una presentazione scritta a penna nera, magari con una grafia poco ordinata, ed una presentazione scritta in rosso ma con la grafia curata, quale pensate che verrà cestinata? Per quanto la grafia possa contare qualcosa, l’utilizzo di una penna rossa denoterà poca serietà e voglia di applicarsi. E’ importante, quindi, valutare a chi è destinata la lettera e come presentarsi al meglio. Arriviamo poi al momento cruciale della stesura della lettera: il nostro “caro…“, che vuole esprimere il nostro affetto e la dolcezza con cui stiamo iniziando il nostro messaggio. Il contenuto della lettera è, ovviamente, personale e può trattare dei più svariati argomenti: la descrizione di una giornata che avete trascorso con i vostri amici, lo sfogo di un momento di depressione e disperazione, la spiegazione di un vostro comportamento negativo che ha ferito il destinatario, o ancora la semplice rappresentazione di un sentimento che volete esternare. Nella lettera potete scrivere tutto ciò che volete, al suo interno può esservi contenuto un messaggio di tre fogli o una semplice frase di appena poche parole. Si può inoltre incollare sulla carta un ritaglio di giornale, o allegare una foto. Ci sono davvero mille modi di personalizzare una lettera, alcuni più o meno fantasiosi di altri. Il mio modo per personalizzarne una, ad esempio, è quello di fare un disegnino con delle lettere sulla busta. E’ un piccolo tratto distintivo che vuole trasmettere dolcezza e affetto.  Utilizzo anche altre accortezze durante la stesura di una lettera (dal “Bella Zio” che scrivo al termine della lettera per la mia amica a cui piace l'hip hop, al “au revoir mon amour” che scrivo alla mia migliore amica), queste dipendono esclusivamente dal vostro rapporto personale con la persona interessata.
Un altro passaggio divertente è la scelta del francobollo. Fino a qualche anno fa vi erano moltissimi tipi diversi di francobolli tra cui scegliere, ora la scelta è più ridotta (sopratutto se vivete in un piccolo paesino di montagna come me). Nelle grandi città, comunque, è possibile trovarne svariati e vi assicuro che è un momento speciale, che renderà ancora più personale e curata la vostra lettera. E infine giunge il momento di imbucarla. E’ un istante quasi malinconico, perché in quel momento smettete di essere il proprietario del vostro lavoro e consegnate il prodotto finito nelle mani della persona a cui avevate destinato la lettera. Ecco quindi che si palesa una nuova funzione della lettera: quella di essere un dono che voi fate all’altra persona. Tutto ciò che avete fatto non è effettivamente una simbiotica rappresentazione della scelta di un regalo? Quando dovete andare a cercare un dono di compleanno per il vostro migliore amico non pensate forse ai suoi gusti? Non scegliete con cura l’oggetto migliore che rappresenti il vostro affetto per lui? Non tentate di personalizzare il regalo, lasciando un’impronta stilistica o grafica che solo voi due potete comprendere? E’ lo stesso lavoro che vi ho appena indicato nella stesura di una lettera, dalla scelta della carta più indicata, al messaggio personale e alla personalizzazione del testo e della busta. Quando scegliete un regalo e lo comprate con i vostri soldi, quell’oggetto è vostro. Quando però lo consegnate al vostro amico, impazienti di vedere la sua reazione, l’oggetto diventa suo. Ciò avviene anche con le lettere. Forse è per questo motivo che le amo così tanto: per la gioia di regalare, e di ricevere, l’emozione di aver consegnato ad un’altra persona ciò che di più sacro esiste al mondo, ovvero il proprio affetto e la propria anima, espressa tramite piccoli ghirigori di inchiostro fissati per sempre su un foglio di carta che durerà nel tempo.

sabato 31 marzo 2018

Facebook: difficile cancellarsi per 7 meccanismi psicologici


Dopo lo scandalo che ha travolto Facebook in molti si sono detti pronti a cancellarsi dal social, ma in realtà con la 'creatura' di Zuckerberg si è prodotta una vera dipendenza psicologica. Lo affermano su The Conversation alcuni esperti della Pennsylvania State University, secondo cui ci sono sette meccanismi che rendono difficile 'scappare'.

Il primo gancio che tiene attaccati ai social è la falsa sensazione di avere molti amici che danno le infinite possibilità di interazione con gli altri. A questo si aggiunge il fatto che attraverso la scelta dei dati personali da condividere si può proiettare un'immagine ideale di sè, suscitando quindi una migliore reazione negli altri.

Un'altra delle gratificazioni psicologiche a cui è difficile rinunciare è la possibilità di avere una finestra sulla vita degli altri, e di soddisfare quindi l'innata curiosità nei confronti di chi ci sta vicino ma anche di persone famose. Essere sui social inoltre ha anche di per sè un vero e proprio valore. "Alcuni studi hanno mostrato che un uso attivo di Facebook aumenta il capitale sociale di una persona, ed è associato ad un aumento dell'autostima e del benessere".

I social, aggiungono gli autori, danno anche la possibilità di 'allargare la propria tribù', e quando si posta una storia ma anche solo quando si recensisce un prodotto su Amazon si ha la sensazione di appartenere a un 'bandwagon', un movimento di successo. Questo effetto è anche alla base di un altro meccanismo per cui ci si sente appagati se si ha una 'validazione esterna', con molte persone che attraverso 'like' e commenti mostrano di pensarla allo stesso modo del soggetto.

Infine, conclude l'articolo, ci sono gli effetti di dipendenza che l'algoritmo stesso insito in Facebook cerca di creare. "L'algoritmo che raccoglie le informazioni personali è lo stesso che spinge ad essere social, sulla base dei propri interessi, dei comportamenti e del network di amici".

mercoledì 28 marzo 2018

venerdì 16 marzo 2018

Sotto il Mantello

qua dove tutto giace sotto un mantello pieno di polvere, 
non si vede piu il nero scolorito dai fattori del tempo, 
sotto quel manto ricordi di vita vissuta, 
in disparte da tutti anche se vicini a qualcuno, 
una vita inquieta vicino al fuoco che arde che brucia le pelli,
un fuoco che brucia che lascia ferite, 
scintille e faille spruzza quel fuoco che colpiscono il cuore infierendo contro l'amore, 
fa male il dolore il pianto infinito che ti lascia scoperto, 
ma non per questo il mondo è finito la fiamma arde in questo mondo infinito, danze di spiriti che ballano attorno al fuoco che arde i nostri ideali che un giorno furono a noi tramandati da padri che adesso non ci sono più, 
e figli indegni di cotanta sapienza dove la società ne è ormai senza. 
Il chiaro di luna risplende quel cumulo di macerie che la vita ha lasciato, 
ricoperto da quel manto nero sbiadiato, 
la polvere vola via per poi riposarsene altra, 
cosi è la vita, 
così è il fuoco che brucia, 
così è la luna che brilla, 
cosi è la vita che gira.

Massimo Lo Cicero 

sabato 24 febbraio 2018

Sempre più club vietano lo smartphone: proibizionismo o la soluzione che stavamo aspettando?


Abbiamo già parlato abbondantemente di quanto la tecnologia stia rivoluzionando club e concerti: risale al marzo 2014 la nostra presa di coscienza del tipo: “Ok, ci siamo cascati tutti, ora piantiamola però. Gli smartphone che portiamo in tasca stanno avvelenando l’esperienza”. La situazione sembrava già fuori controllo allora e oggi, quasi quattro anni dopo, le cose non sono cambiate di molto: gli avventori dei club continuano a sventolare schermi luminosi e inondare i social media di selfie. Nel frattempo sono stati fatti studi ed esperimenti, molti artisti si sono schierati apertamente contro la pratica e anche gli stessi creatori delle varie piattaforme stanno iniziando a consigliarci la disintossicazione. Ci è sembrato un buon momento per rifare il punto della situazione.
Ad esempio, la lotta all’abuso di device mobili è diventata oggi un’opportunità di business: la start up Yondr ha iniziato a produrre sacchetti fatti apposta per rinchiuderci lo smartphone e tenerlo rinchiuso per tutta la durata del concerto, salvo appartarsi in una zona “phone-free”. Gli investitori risero dietro a Graham Dugoni, fondatore della società, quando era in cerca di fondi. Oggi Yondr sta vivendo un momento di grande crescita e il suo sistema viene utilizzato da personalità del calibro di Jack White, oltre che in tribunali e scuole. Gli artisti che l’hanno usato per le loro esibizioni ne sono entusiasti, parlano del ritorno dei “vecchi tempi” quando la gente si divertiva ”davvero”.
Altra soluzione creativa è quella adottata dal Berghain di Berlino, seguito poi via via anche dagli altri club della capitale tedesca: consiste nel far applicare un bollino colorato agli avventori del locale sul proprio telefono, inibendone la fotocamera. Come praticamente ogni cosa nel 2018, questo ha generato meme e tumblr ironici. Altro risultato curioso di questo esperimento è la collaborazione degli avventori che hanno iniziato loro stessi a fare le veci della sicurezza e a riprendere i trasgressori: si tratta sempre di Germania eh, ma è curioso come l’esplicitazione di una regola abbia in qualche modo legittimato i clienti a riprendere chi non la rispetta.
Questi divieti pare siano stati preso bene un po’ da tutti, soprattutto dagli amanti del clubbing, felici di essere stati in qualche modo costretti ad abbandonare la propria dipendenza e tornare a ballare, anzi che passare la serata a far sapere a tutti che loro c’erano.
Ma c’è un ma: i telefoni cellulari hanno completamente rivoluzionato la struttura di potere, trasformando la società in un luogo dove ognuno di noi è in grado di registrare e diffondere autonomamente un evento, che si tratti di un concerto o di un pestaggio da parte della polizia. Proprio per questo motivo Adam Schwartz, membro della Electronic Frontier Foundation, associazione non-profit dedita a difendere i diritti civili nel mondo digitale, ha espresso la sua preoccupazione. Secondo Schwartz le persone concedono più di quello che sembra sigillando anche solo temporaneamente il telefono in un sacchetto e questa pratica, applicata all’ingresso di locali pubblici, potrebbe funzionare come silenziatore di massa rendere più difficile denunciare abusi e soprusi.
Oltre alla paura effettivamente fondata che si entri in una nuova era di oscurantismo e proibizionismo, c’è anche da considerare cosa significhi veramente “godersi” un evento. La prof. Alixandra Barasch è una delle personalità più attive nella ricerca in questo campo e i suoi studi hanno portato alla luce risultati interessanti, come il fatto che il processo mentale legato allo scatto di una fotografia funga da amplificatore dell’esperienza, che sia essa positiva o negativa, e che ci aiuti a ricordare meglio i dettagli visuali. Allo stesso tempo Barasch ha sottolineato come l’effetto amplificatore sia molto ridotto quando l’esperienza è già coinvolgente di per sè e che scattare una fotografia ci costringe a concentrarci solo sulla parte visuale, di fatto diminuendo la capacità di ricordarne altri aspetti, come quello uditivo. Infine, uno dei suoi ultimi studi mostra come, effettuando uno scatto con l’intento di condividerlo sui social media anziché preservare una memoria, si generino processi mentali in grado di ridurre sensibilmente il coinvolgimento con l’esperienza stessa.
Gli studi di Barasch sono solo il primo passo verso una discussione più sensata sugli effetti che questi dispositivi hanno sulle nostre vite. Se è vero che scattare foto sia una libertà innegabile, è altrettanto vero che una società come tale deve considerare i diritti collettivi rispetto a quelli del singolo.
Viviamo in un mondo dove il tempo è diventato uno dei beni più ambiti, diversi media competono per accaparrarsi qualche secondo della nostra attenzione (e sono molto bravi nel farlo). Oggi più che mai, la concentrazione è diventata estremamente ambiziosa quanto difficile da ottenere: il continuo formicolare di notifiche e schermi luminosi intorno a noi è un vero e proprio “inquinamento dell’attenzione”.
Per questo ci arrabbiamo quando durante un film qualcuno controlla le notifiche abbagliandoci con lo schermo o quando in treno il tizio seduto di fianco continua a ricevere notifiche con la suoneria sparata al massimo: ci distrae e ci impedisce di concentrarci. L’esperienza in un concerto o in un club non è diversa: vederci sventolare degli schermi luminosi sotto il naso mentre stiamo cercando di entrare in sintonia con la musica ci costringe a focalizzarci sui pixel luminosi anziché sulla performance dell’artista, in poche parole lede la nostra libertà.
Non sono lontani i tempi in cui l’utilizzo dello smartphone non sarà regolato solo da educazione e buon senso, ma da vere e proprie leggi, come successe per le sigarette cinquant’anni fa. In quel caso sappiamo tutti come sia andata a finire, chissà che tra qualche anno non saremo costretti a tenere immagini scioccanti di “social media dipendenti” come sfondo del nostro iPhone. Il divieto di fumo fu un grande incentivo per molti ad abbandonare il tabacco e fu imposto per un beneficio collettivo, quello di tentare di ridurre i casi di cancro ai polmoni e il loro impatto sulla spesa pubblica. Se la correlazione tra abuso di dispositivi digitali e patologie psichiatriche dovesse essere dimostrata e largamente accettata, lo “smartphone ban” ne sarebbe una conseguenza naturale. Sarà curioso vedere come questo inciderà sul numero di biglietti venduti, della serie: le persone accetteranno il divieto o preferiranno andare da altre parti dove sarà loro concesso di controllare le notifiche?
Non sappiamo bene se questo sentimento anti tecnologico sia solo il lamento di una generazione nostalgica dei party anni ‘90 e primi duemila o una vera e propria piaga sociale da combattere. Mentre la comunità scientifica dibatte sulla questione, noi ci allineiamo con DVS1 nel vedere la figura del DJ come un artista, non solo un “intrattenitore”. Portiamo il nostro buon vecchio bollino da casa, lo appiccichiamo sulla fotocamera ed entriamo con timore e rispetto in quel vortice di emozioni e sensazioni che solo il set di un mostro sacro riesce a regalarci. Ci sarà un motivo se nei club esista ancora una persona dietro i piatti, quando Spotify potrebbe sostituirne la selezione senza problemi: da migliaia di anni gli umani ballano in gruppo con altri umani, dalle tribù fino ai club del nuovo millennio, non lasciamo che la tecnologia ci porti via una delle parti migliori della nostra vita terrena.

martedì 13 febbraio 2018

I Metallica si piegano ma non si spezzano

Mentre va in scena la finale di Sanremo, i Metallica incasellano la prima data italiana del loro tour, tra un omaggio a Morricone e una cover di Vasco. Hetfield e soci vanno avanti di mestiere, ma sul palco sono ancora delle macchine da guerra.

 Dopo aver attraversato tre decadi tra successi epici e qualche battaglia contro i mulini a vento, i quattro cavalieri del metal non sembrano affatto domi. A dimostrarlo ci sono: un esercito di fan devoti, delle nuovi canzoni che sembrano animate dalla grinta di un tempo e un tour europeo sold out praticamente ovunque (le prossime date nel Belpaese sono entrambe a Bologna, il 12 e il 14 febbraio).
Nel warm up del concerto, uno striscione sugli spalti detta la prima suggestione delle serata. Oggi è il 10 febbraio: il ritorno dei Metallica a Torino coincide casualmente col giorno del compleanno del compianto Cliff Burton; e arriva proprio nell’anno in cui i fan della prima ora della band (ma non solo) hanno ufficialmente lanciato una petizione online per istituire il “Cliff Burton Day”, in memoria della storico primo bassista della formazione losangelina, morto in un tragico incidente stradale, secondo i più nel corso dell’apogeo creativo dei Metallica.
La ricorrenza diventa un modo, volendo romantico, per salutare il nuovo corso che i Metallica sembrano voler inaugurare, dopo ben 8 anni di assenza, con il loro ultimo disco Hardwired… To Self-Destruct. Un lavoro che sembra voler unire i puntini della carriera dei quattro metalhead — dalle schegge thrash degli esordi alle suite heavy della consacrazione; così come il monumentale concerto sabaudo ha coniugato passato e presente provando a mettere d’accordo tutti, dal fan duro e puro del “suonare veloce” all’ascoltatore-medio di inni rock radiofonici.

Ciò che risulta evidente dopo aver assistito ad uno show antologico e curato nei minimi dettagli è che i Metallica di oggi puntino più di ogni altra cosa alla dimensione live: vogliono portare la gente nel loro habitat naturale, ovvero nella bolgia dei palazzetti. Al netto dei passi falsi in carriera o d’un più o meno fisiologico calo di ispirazione, infatti, la truppa d’assalto guidata da capitan Hetfield si conferma una inarrestabile macchina da concerto.
La cavalcata dei Four Horsemen nella motorcity si apre rievocando le atmosfere del western all’italiana sulle note di Ennio Morricone e, in circa due ore, una scaletta sorniona quanto basta alterna i pezzi di Hardwired… To Self-Destruct (la doppietta iniziale, giusto per scaldarsi) ai cavalli di battaglia della band (il trittico immediatamente successivo – formato da Seek & Destroy, Leper Messiah e Welcome Home – che inizia a far salire il termometro dell’arena).
“The Metallica’s Family is here” ruggisce in un moto d’orgoglio quel vecchio leone di James Hetfiled, sottolineando poi come il culto heavy metal comprenda e unisca ormai più generazioni: “È fantastico vedere ad uno show dei Metallica anche bambini e bambine!”.
Oltre a sorprendere, però, lascia anche un tantino sbigottiti la cover piazzata a metà set: nientemeno che una versione sotto steroidi di C’è chi dice no di Vasco Rossi, cantata per di più da un improbabile Robert Trujillo. Preferiamo decisamente la cover di Am I Evil? dei Diamond Head ma prendiamo questo omaggio al Blasco come un divertissement… anche se c’è da scommettere andrà sicuramente a polarizzare le opinioni all’interno della già variegata fanbase dei Metallica!
Tra gli assoli di un Hammett mai sopra le righe e le ormai proverbiali imprecisioni di Lars Ulrich alla batteria, i quattro “old men” (come scherzerà lo stesso Hetfield) giocano sul velluto con capolavori come Sad but True, One e Master of Puppets, per poi piazzare il colpo del K.O. con la combo Nothing Else Matters ed Enter Sandman.
Avvolti in una scenografia è a dir poco spettacolare – con il palco piazzato come di consueto al centro del palazzetto e sormontato da cubi semoventi sui quali venivano proiettate foto d’archivio della band, visual o semplici giochi di luce – i Metallica ci mettono il cuore, ma anche tutti i trucchi del mestiere.
Diciamo che James, Lars, Kirk e Bob danno l’impressione di essere degli ultra-quarantenni che si divertono a “fare i Metallica”, ma portano a termine in maniera granitica e pressoché impeccabile uno show un po’ didascalico ma in parte anche coraggioso, con la giusta dose di nostalgia e soprattutto con il piglio dei fuoriclasse assoluti.
Per essere dei “rocker bolliti”, come li etichettano gli haters, la pensione sembra ancora lontana. Perché Sanremo è sempre Sanremo, ma i Metallica sono ancora i Metallica.

lunedì 12 febbraio 2018

Arezzo Wave Music Contest 2018: il primo e più longevo festival della musica dal vivo in Italia annuncia il concorso per band emergenti

Dal 1987 a oggi sono oltre 48.000 le formazioni musicali che hanno partecipato al concorso, di queste, quasi 8.000 band hanno potuto esibirsi dal vivo registrando un’affluenza di pubblico di oltre 500.000 spettatori in 30 anni di attività!
Unico nel suo genere, pilastro della storia della musica italiana, Arezzo Wave annuncia la nuova edizione del contest dedicato alle band emergenti, senza limiti di genere, età o provenienza geografica, perchè la Musica non ha frontiere. Tra i Partner di questa edizione in Piemonte e Liguria anche il nostro gruppo editoriale, da sempre vicino alla musica. 
Dal 1987 a oggi sono oltre 48.000 le formazioni musicali che hanno partecipato al concorso, di queste, quasi 8.000 band hanno potuto esibirsi dal vivo registrando un’affluenza di pubblico di oltre 500.000 spettatori in 30 anni di attività! Tra le band che hanno calcato il palco di Arezzo Wave ricordiamo: Negrita, Afterhours, MauMau, Quintorigo, Almamegretta, Joycut, Sonars, Ritmo Tribale, Marlene Kuntz, Amari, I Ministri, Pan del Diavolo, Waines, Fast Animals&Slow Kids, solo per citarne alcuni. 
Arezzo Wave Music Contest, il concorso italiano più longevo, dedicato alla musica live è aperto a tutti e l’iscrizione è totalmente gratuita: per partecipare è sufficiente compilare il form online e presentare due brani inediti ma ne basta solo uno se si è un giovane musicista (Arezzo Wave Music School - grazie alla collaborazione con Skuola.net e Smemoranda) o un musicista straniero di seconda generazione (Arezzo Wave Ius Soli). Le iscrizioni scadono giovedì 15 marzo 2018 (entro e non oltre le ore 24). 
I candidati verranno inseriti in un calendario nazionale costruito in collaborazione con i migliori club regionali che danno spazio alla musica live emergente. Grazie a questa prima esibizione, oltre 400 band potranno suonare dal vivo in una delle 20 date in calendario. I migliori finalisti, decretati da una giuria di addetti ai lavori composta da musicisti come Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, Erriquez della Bandabardò, Petra Magoni, DJ Ralf, manager, giornalisti, operatori musicali italiani e stranieri (lista completa in calce) si aggiudicano una lunga serie di premi:
· partecipazione a festival nazionali e internazionali
· realizzazione di un videoclip e 2 giornate in studio di registrazione in collaborazione con IndiePendente e Mat Top Films
· realizzazione di una compilation in collaborazione con DOC Live
· sconti e opportunità in collaborazione con Tunecore
· un premio in denaro in collaborazione con la Società Italiana Autori ed Editori.

domenica 11 febbraio 2018

Intervista a Elio sul Rolling Stone Elio e le storie tese: «Sulla nostra tomba? “Pirla chi legge”» La band appende gli strumenti al chiodo (per davvero). Con un solo rimpianto: non avere un calco del proprio cazzo.

Da Hukapan, quartier generale degli Elio e le storie tese sito nell’estremo nordest di Milano, si respira un clima strano. Sono arrivato per intervistare la band con un dubbio che è anche quello di tutti, fan o meno: sarà vero che si sciolgono? Il pensiero è legittimo, dopo l’ultimo-non-ultimo concerto di dicembre al Forum di Assago, con tanto di lapide gigante “R.I.P. Elio e le storie tese”, l’annuncio di nuove (“ultime”) date, tra cui ancora il Forum e l’Arena di Verona, Sanremo e un nuovo disco live con due inediti.
Ma l’atmosfera a casa Elii è innegabilmente permeata di una certa tristezza. Claudio Dentes a.k.a. Otar Bolivecic, storico produttore della band, sembra un po’ commosso mentre mi fa sentire in anteprima – per tre volte di fila, perché è un pezzo “complesso, che si rivela man mano”, e in effetti è così – Arrivedorci, la canzone sanremese con cui gli EELST ci hanno ricordato che, in quanto a classe musicale, hanno ancora pochi rivali in questo Paese. Che poi a uno verrebbe da dire: se siete così tristi, perché vi sciogliete? Però si sa, quando una lunga storia finisce, la consapevolezza che insistere non avrebbe senso si mescola alla tristezza di quello che è stato e non sarà più – forse? In fondo è un “arrivedorci”, non un “addio”. Ma questo è solo l’augurio segreto. Mio, e non solo.

Descrivetemi come saranno le giornate da baby-pensionati.
Cesareo: Ho già identificato dei cantieri da guardare, a Milano.
Elio: Lo scioglimento in realtà serve a generare un nuovo impulso creativo più interessante, più al passo coi tempi. Non andiamo in pensione. Faremo altro.
Un amico ha detto: peccato che si sciolgano proprio adesso, la voce di Elio sembra migliore che mai.
Elio: Ma noi siamo migliori che mai. Siamo una band eccezionale, come non c’è mai stata in Italia e non ci sarà più dopo che ce ne saremo andati. Ma per campare siamo ridotti a fare cose non più eccezionali, e non vogliamo essere accolti con sufficienza. Vogliamo un finale degno, che illumini quanto c’è stato prima.
Arrivedorci e Il circo discutibile, i due inediti del nuovo disco, sono canzoni piuttosto struggenti – per i vostri standard, ok. Ma anche in assoluto.
Elio: Ma noi siamo sempre stati una band drammatica, sono anni che lo ripeto, tutti mi prendevano in giro.
Faso: Non ti credevano.
Elio: Non siamo mai stati presi seriamente.
Faso: Per esempio in Supergiovane, quando muore Catoblepa: quello è un momento struggente che nessuno ha mai capito. Tutti a ridere… invece c’è poco da ridere!
Elio: Anche adesso, quando abbiamo detto che ci siamo sciolti, non ci ha preso sul serio nessuno.
Diciamo che l’annuncio delle date aggiuntive ha creato un po’ di confusione. In pochi credono veramente che vi scioglierete.
Elio: Però è così. E se fosse per noi ci saremmo sciolti dopo il concerto del Forum. Poi però è arrivata la chiamata di Baglioni, a cui non si poteva dire di no. È un autorità.
Faso: Abbiamo un telefono rosso che non squilla mai, come quello di Batman. Ma questa volta ha squillato, ed era Baglioni che ci convocava.
Elio: E poi abbiamo la possibilità di salutare tutti anche in altre città, quindi perché no? Siamo in giro da tanti anni, la gente si è affezionata a noi. E viceversa. Abbiamo semplicemente spostato il limite al 30 giugno 2018.
Faso: A grande richiesta, come si diceva una volta.
Elio: Siamo persone educate. Quando uno se ne va, saluta.
Arrivedorci sembra una canzone scritta per durare. Al terzo ascolto mi è quasi sembrata orecchiabile.
Faso: Ha una composizione articolata, come ci è sempre piaciuto fare, ma ha momenti di emozione a cui il nostro pubblico non è abituato. O meglio, è abituato a scovarli dentro canzoni in genere spiritose. Ma ci arriva dopo un po’. Arrivedorci invece è più spostata sull’impatto emotivo, e in più ha un bel suono anni ’70.
Elio: Il senso del testo è che tutte le storie, sia quelle belle sia quelle brutte, hanno una fine. La fine è un aspetto molto importante di una storia. Quando ero piccolo, a scuola, mi accusavano sempre di lasciare le cose a metà. Quindi forse è per questo che ora mi sono un po’ “incistato” sul concetto di fine. Il requisito è che la gente possa fischiettarla la mattina dopo, sotto la doccia. Abbiamo fatto dei test.
Il fischiettamento è verificato dopo il primo ascolto?
Elio: No, dopo il terzo.
Faso: Sono più avvantaggiate le persone pulite, quelle che fanno tante docce. Così hanno modo di fare pratica.
Qualcuno potrebbe dire che con questa canzone avete voluto dimostrare qualcosa. Tipo: “Noi siamo anche questo, ma voi non l’avete mai capito”.
Elio: Ci vedo un retropensiero un po’ estremo (si tira nervosamente le sopracciglia, come un altro si accarezzerebbe la barba, nda). Non stiamo lì a pensare cosa penserà la gente. Semplicemente volevamo divertirci e fare qualcosa che non abbiamo mai fatto. Non avevamo mai scritto una canzone “cantabile”. Né abbiamo mai scritto prima una canzone in cui salutavamo tutti… perché non avrebbe avuto senso!
Parlatemi dei pacchetti Vip previsti per i prossimi concerti: “JI BOCA” e “L’AMORE”. (Risate)
Faso: Sono indirizzati al nostro pubblico più facoltoso. O a chi non è facoltoso, ma mette via i soldi e li investe in postazioni privilegiate per assistere alle nostre performance e frequentare gli Elio e le storie tese da vicino, quasi come farebbero degli amici.
Cesareo: Siccome tutto ha un prezzo, pagando è possibile anche diventare nostri amici.
Elio: È un’idea che ci è venuta quando abbiamo fatto il tour europeo, dove per la prima volta ci hanno proposto di fare questi pacchetti che oggi fanno tutti… in Lussemburgo c’era un solo Vip. Quindi ci siamo detti, perché non fargli vivere un’esperienza superiore? E l’abbiamo portato sul palco con noi per tutto il tempo. Si è divertito tantissimo.
Come vi immaginate il futuro della discografia italiana?
Faso: La discografia italiana è in uno stato di coma già da tempo, anche se non percepito dalla discografia stessa. Succede: tu credi di essere in giro tutto spumeggiante, in realtà sei in coma.
Elio: Come in Matrix.
Faso: Esatto! I discografici sono tutti lì appesi come in Matrix, vivono un’allucinazione collettiva. Poi all’estero è diverso: a Londra c’è il Museo del rock. Lì non è la musica dei drogati coi capelli lunghi. È arte. Negli studi di Abbey Road dei nostri beniamini Bitolsi chiunque può andare e registrare con il microfono di Lennon. Non è feticismo: funziona davvero. Invece gli studi in cui leggendari album italiani sono stati registrati, se non sono stati demoliti, oggi sono diventati altro. Un centro commerciale o altre puttanate del genere.
Elio: Guardati su YouTube un’intervista Rai agli Area del ’77: si lamentavano della condizione delle band all’epoca. Adesso la situazione è addirittura peggiorata. Siamo nel 21° secolo, e l’atteggiamento dell’Italia, della gente, dello Stato nei confronti della musica, anziché progredire, è regredito.
Pensando a future raccolte, avete molti inediti negli archivi?
Elio: No.
Faso: Ma dai, qualcosa c’è!
Elio: Poca.
Faso: Però se sta lì, un motivo c’è. Ci sono spunti interessanti e simpatici, qua e là. Ma sono cose che non abbiamo ritenuto degne di essere pubblicate.
Qual è la canzone più brutta che avete mai fatto?
Elio: (Ride) Ognuno di noi ne ha una in mente, mi sa. Ma io rivendico le canzoni brutte. Ce ne sono molte che abbiamo fatto brutte apposta. Tipo Vincere l’odio.
Cesareo: Di brutto, forse niente. Certo, c’è sempre quel pezzo un po’ tirato via…
Faso: Di veramente brutto no, ma…
Ditemi un titolo!
Faso: Forse Valzer Transgenico.
Cesareo: Sai che lo stavo dicendo io?
Elio: Solo perché non l’avete scritta voi!
C’è qualcosa che rimpiangete di non avere mai fatto?
Elio: Una cosa rimpiango molto, che faceva Frank Zappa ma noi, mai: la groupie che entra in camerino e ti fa il calco del cazzo.
Avete ancora qualche data per rimediare.
Elio: No, ormai basta.
Faso: È difficile.
Elio: Non esistono neanche più le groupie. È una razza estinta.
Cesareo: Pensando alla tua domanda, forse un giorno scriverò un libro per raccontare quanti musicisti siano dei grandi cazzoni. Ce ne sono tanti che hanno una bella faccia pubblica, ma poi sono grandi teste di cazzo. Ma non ti faccio nemmeno mezzo nome.
Faso: Uno di quelli sono io, puoi rivelarlo subito.
Finiamo con una nota lieta: cosa vorreste far scrivere sulla vostra tomba?
(Silenzio imbarazzato)
Cesareo: …“Pirla chi legge”. (Una risata, poi un crescendo di risate generali).
Faso: “Pirla chi legge”. Anche io lo voglio! Facciamolo tutti!
Cesareo: Almeno uno viene lì e si diverte.
Elio: Facciamo la tomba comunitaria degli Elio e le storie tese, e ci scriviamo a caratteri cubitali PIRLA CHI LEGGE.
Faso: C’è la tomba di famiglia, ma la tomba di band non ha precedenti! Ecco, potrebbe essere il nostro prossimo progetto.



mercoledì 7 febbraio 2018

LE COSE Zibba Platonica (CD)

La storia di Zibba è esemplare: "Le cose" è il suo ottavo disco. Una lunga gavetta, culminata con un premio Tenco nel 2012, e la carriera che svolta nel 2014 con una bellissima partecipazione a Sanremo, tra i giovani con "Senza di te", assieme agli Almalibre. Il bello di Zibba, anni dopo, rimane proprio la sua incollocabilità in una categoria precisa: la sua è canzone "da Tenco" e "da sanremo", contemporaneamente. Ha la profondità che si chiede ai cantautori classici, e la piacevolezza del pop. E non a caso, Zibba in questi anni ha firmato brani per Eugenio Finardi, Cristiano De Andrè, Patty Pravo, Michele Bravi, Emma, Zero Assoluto, Max Pezzali, Moreno, Marco Masini, Elodie, Alexia, e ha collaborato Jack Savoretti, Jovanotti, Tiziano Ferro, Alex Britti.





"Le cose" riflette esattamante questo atteggiamento, fuori dal comune in panorama italiano dove o sei "mainstream", o sei "cantautore" o sei "indie". Zibba è tutto questo assieme, e senza spocchia. Basta vedere la lista delle collavorazioni del disco:  Elodie, Erica Mou, Chantal, David Blank, Alex Britti, Marco Masini, Diego Esposito, Mace - mentre nella sua band è entrato Dario Ciffo (Lombroso,  ex Afterhours).
Così i suoni black (a cura di Mace) creano una base avvolgente per "Quando stiamo bene" in cui duetta con Elodie (i due avevano già duettato nel disco della cantante in “Amarsi Basterà”): le due voci sembrano fatte l'una per l'altra. Un taglio simile ha "Dove si ferma il sole", mentre più pop è "Quando abbiamo smesso" (con Erica Mou che mi ricorda Arisa, ed è un gran complimento). Ritmi sincopati anche nel bel duetto con Masini in "Sesto piano". "Un altro modo" ha un piglio corale quasi alla Coldplay
Zibba non ha dimenticato le sue origini: guardate questa bella versione #NoFilter di "Quello che vuoi", che nel disco ha un taglio più complesso, quasi funky.

In "Le cose", Zibba ha preso il suo lato più pop e black, già presente nei lavoro precedenti, e lo ha messo a fuoco con un disco contemporaneamente semplice e stratificato. L'ennesima conferma di un bravissimo musicista, scrittore e interprete. Zibba rimane uno dei nostri preferiti perché fa musica badando alla qualità di quello che scrive e suona, e non alle mode e senza preocupparsi delle etichette.
TRACKLIST

1. Quello Che Si Sente
2. Quando Stiamo Bene feat. Elodie (prod. Mace)
3. Dove Si Ferma Il Sole
4. Quando Abbiamo Smesso feat. Erica Mou
5. Panorama feat. Chantal
6. Quello Che Vuoi
7. Niente feat. David Blank
8. Le Cose Inutili feat. Alex Britti
9. Sesto Piano feat. Marco Masini
10. Un Altro Modo feat. Diego Esposito
11. La Traccia Che Finisce il Disco
12. Un Unico Piccolo Istante
Zibba