La nona frustata griffata Machine Head.
Il nono album di una carriera vissuta in prima linea affrontando tutto e
tutti come fosse l’ultima lotta per resistere alle pressioni del mondo.
“Fuck The World! Go!”, questo è “Catharsis”.
Parte proprio così il nuovo album dei Machine Head, disco di poche luci e dalla tante, troppe ombre. Spesso però la prima impressione è quella sbagliata perché il riff deciso di “Volatile”,
accompagnato dalla voce di Robert Flynn che trasuda rabbia da ogni nota
sembra convincere. Ma resta solo impressione perché la cattiveria è
poco credibile, sembra picchiare a vuoto soprattutto nel break di stampo
quasi metalcore. Pesanti anche le “ombre” Slipknot, evidenti sopratutto
nella strofa.
Spiazza la title track,
con una intro di suoni sintetici ed orchestrali per una canzone che
prosegue poi ben dentro i canoni della “Macchina Head” con una strofa
aggressiva spezzata da un ritornello sorprendentemente melodico. La
tensione continua a salire fino ai secondi finali, con Flynn disperato
ad urlare senza sosta. Probilmente la canzone più ispirata di tutto il
lotto. “Beyond The Pale”
invece parte bene con un buon riff, ma le sensazioni piacevoli
finiscono praticamente lì, per una canzone che si avvita su sé stessa.
Bene “California Bleeding” (che
nel riff sembra citare i Testament di “The Gathering”) che miscela
thrash metal e attitudine rock, soprattutto per quanto riguarda il
chorus. Piacevole. Imbarazzante “Triple Beam”, che
vuole essere nu metal risultando però essere fuori tempo massimo. Non ne
sentivamo il bisogno di una canzone così. Di poco superiore alla
precedente “Kaleidoscope”, piatta e assolutamente non rispondente al suono dei MH.
Questione “ballad”: “Bastards” e “Behind A Mask”.
La prima sembra quasi una canzone da spiaggia, con gli accordi suonati
con la forza di un adolescente senza conoscenze tecniche, mentre la
seconda è una linea melodica di Flynn accompagnata da una chitarra
“sottile”, una leggera batteria elettronica e la sensazione fortissima
di aver sbagliato disco da mettere nel lettore. Brutte. E tanto vi
basti.
Ultimo lampo di luce con “Hope Begets Hope” per una raccolta di canzoni decisamente insufficiente.
“Heavy Lies The Crown”
sembra quasi nascere da un rapporto di una notte tra i compositori della
colonna sonora di “Game Of Thrones” ed un qualsiasi gruppo power.
Tastiere epiche e la quasi certezza che prima o poi un drago arrivi per
attaccare un villaggio indifeso. Una sensazione che svanisce quando
Flynn inizia a sussurrare i primi versi della canzone più lunga del
disco, quasi nove minuti. Una canzone che non aggiunge nulla alla storia
della musica e che ancora una volta non convince per la pochezza a livello compositivo. No, non ci siamo, soprattutto quando la band cerca di seguire la strada di un break ai limiti del metalcore.
Troppe 15 canzoni, troppi i 75 minuti per un songwriting che non convince affatto e non solo da questo disco. “Catharsis” è un disco davvero deludente, ad essere generosi. Il primo buco nell’acqua di questo 2018. E sinceramente la cosa scoccia davvero parecchio visto il nome in ballo.